Per la terza giornata a Ongata Rongai ci siamo divisi in due gruppi, sia per la mattina che per il pomeriggio. Un gruppo ha condotto l’animazione, l’altro ha seguito le home visits con i due assistenti sociali Simon e Fides: con il cuore aperto e a piccoli, timidi passi siamo entrati in alcune case degli abitanti della grande baraccopoli di Bangladesh.
La definizione di baraccopoli recita: “È costituita da un insieme di casupole costruite con materiali di recupero, spesso illegale e non riconosciuto, privo di infrastrutture primarie (acqua potabile, servizi igienici e fognature, smaltimento dei rifiuti), talvolta realizzato su terreni geologicamente instabili, solitamente nella periferie delle grandi aree urbanizzate”.
Questa è la definizione da vocabolario lsrio ma non rispecchia quello che abbiamo avuto la fortuna di ammirare oggi: la baraccopoli non è rappresentata dalle case barcollanti ma dalle persone meravigliose che la abitano. L’ospitalità con cui ci hanno accolto nelle loro case ci ha lasciati a bocca aperta, la semplicità con cui ogni persona che abbiamo incontrato dispensa saluti, sorrisi e abbracci ci ha riempito il cuore di amore. Un amore puro e vero che trova la sua essenza nella semplicità delle cose che la vita offre loro tutti i giorni.
Toccare con mano e vedere così da vicino le condizioni atroci e disumane in cui vive la maggior parte di queste persone scuote qualcosa di profondo, che probabilmente necessita di un po’ di tempo per essere metabolizzato. Durante la prima visita abbiamo incontrato Franciska che, come prima cosa, ci ha detto di essere FELICE: ha 70 anni, vive con i due nipoti, tutti gli altri parenti stretti la hanno abbandonata. Ma lei continua a ripetere: “I’m happy, very very happy”. Dopo che noi volontari le abbiamo raccontato la nostra storia, ha anche promesso che avrebbe pregato affinché tutti i nostri sogni si avverassero. Allora mi chiedo come fa? Due anni fa lei e i nipotini dormivano su due tavoli di legno, mentre oggi, grazie alla giacomogiacomo hanno finalmente un letto e un materasso. Alla fine mi sono risposta che la felicità sta in ciò che seminiamo quotidianamente, nel condividere con le altre persone ciò che sperimentiamo e nell’amore contenuto anche nel più piccolo dei gesti di ogni giorno. Chissà se riusciremo anche noi ad essere felici come Franciska e a piangere dalla gioia nel rivedere chi ci ha aiutati in un momento di difficoltà.
Questa è solo una delle tantissime testimonianze che questa splendida giornata ci ha lasciato: sapere che alcune famiglie possono permettersi un solo pasto al giorno, sapere di persone che stanno per essere sfrattate dalla baraccopoli perché non riescono a pagare l’affitto ci fa andare a letto con il cuore un po’ pesante ma allo stesso tempo pieno di gratitudine perché, ricevere così tanto da persone che apparentemente hanno così poco, è un dono da custodire nel nostro cuore e da portare nelle nostre vite una volta tornati a casa.