Difficilmente si può dare forma a qualcosa che lascia il segno dentro. Difficilmente si può spiegare l’amore donato dal cuore.
La ricerca di questo amore , la ricerca di giustizia, il sogno che il mondo può cambiare, la necessità di riempire il senso di vuoto che da sempre mi abita, questo bisogno vitale mi spinge a partecipare a campi di volontariato.Questa volta mi ha guidato in Kenya.
La ricerca di questo amore cela nel mio cuore l’attesa del miracolo.
Il miracolo che concede una grazia speciale a quest’anima titubante sempre in cerca di risposte e conferme.
Sono a casa, con la mia famiglia…i miei amati. La valigia è ancora chiusa, devo disfarla…si, devo mettere tutto a posto. Domani riprendo il lavoro. Domani devo rientrare nella terza corsia dell’autostrada della mia vita. Ho ancora un po’ di tempo prima di domani. Ancora un po’ di tempo per navigare nella confusione emozionale più profonda.
Guardo il pavimento. I miei stivali non hanno lasciato impronte di terra rossa…la terra magica dell’Africa.
I movimenti lentissimi, l’accelerazione nei passi ondeggianti di danza della messa domenicale.
Occhi lucidi e persi; occhi che chiedono aiuto, amore e pietà. Occhi che sembrano sfidarti , spogliarti.
Mani che ti toccano, ti stringono e ti annientano. Manine curiose che vogliono quasi accertarsi che la densità della nostra pelle fosse la stessa della loro.
Non ci si può confrontare con tanta durezza e povertà. Non ci si può confrontare con il dolore davanti a tanta sofferenza. Mille domande scattano automaticamente. Le domande di sempre.
Il senso di vergogna, di impotenza, di sconfitta mi assale. Ho odiato il colore della mia pelle.
Segue l’armonia della gioia; la forza, la speranza di quelle persone. L’allegria , i sorrisi.
Gli odori, i sapori,i colori e il calore; il calore di quel contatto umano cosi naturale, spontaneo e profondo.
Voglio rimanere ancora un po’ li. Ancora un po’ di tempo per rifugiarmi nel cuore e nella mente.
Frasi…
“hakuna matata” (nessun problema)
“how are you?”
“Thanks”.
Thanks…
…e il miracolo mi arriva proprio da li! Arriva da quella semplice parola; cosi facile da pronunciare cosi difficile da sentire.
Arriva dagli occhi di Elisabeth; dal suo corpo scheletrico e sporco, dalla sua nudità, dalla sua dignità, dal suo sorriso. Dal suo ‘thanks’ , dal suo corpo quasi spento dall’Aids; arriva a gran voce una sola parola “VITA”.
Basta questa sola parola per descrivere tutto. Vita.
Quel vuoto si è riempito. Grazie.
Non lo so se ritornerò in Kenya. Di certo continuerò ad esserci, a lottare , a credere e sperare che il mondo può cambiare. Che l’ostinazione e la resistenza dell’uomo può essere spezzata.
Fiorenza
Trentuno – Uno… step by step!
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