Ieri ha piovuto per poco, ma molto forte. L’odore della pioggia è diverso da quello italiano, quando cade non si sente quell’odore di asfalto bagnato, si sente la terra.
Io amo la pioggia, mi piace molto restare a casa con una tisana calda a sentire il ticchettio della pioggia dalla finestra. Qui non è una cosa bella la pioggia. Mentre ieri é scoppiato a piovere stavamo tornando con il pullman dopo la bellissima gita a Naivasha ed ho iniziato a pensare alle famiglie di Bangladesh, lo slum in cui facciamo spesso servizio vicino al compound. Loro non vedono la pioggia come la vedo io; le loro case diventano trappole, non rifugi, la terra si scioglie in un fango nero che raccoglie tutto e lo porta via con sè, ma non sai quando poi lo liberi.
JUA vuol dire sole in swahili, me lo ha detto una delle mamme del progetto inua mama con cui oggi stavo lavorando all’uncinetto, perché stavo disegnando un sole per sua figlia Sharon, che non si voleva staccare da lei.
Per capire cosa Sharon volesse che io le disegnassi mi sono affidata alla mamma così da non rischiare di realizzare un disegno non entusiasmante; la madre mi ha risposto che voleva che le disegnassi un sole, jua.
Per me il jua di oggi è stata la piccola Sharon, che con la sua innocenza e voglia di imparare, ha preso un piccolo uncinetto provando ad imitare quello che stava facendo sua madre.
Oggi è stata una giornata molto nuovolosa, ma non ha piovuto.
Il nostro jua di oggi, però, sono state le mamas che hanno finito i loro primi lavori, e il sole, la luce, è stata data dai loro sguardi di soddisfazione e nel vedere anche la nostra felicità per i bellissimi oggetti che avevano creato. Ammetto che a volte ci siano state delle difficoltà, come ad esempio far capire la lunghezza delle bretelle della borsa o come fare il bottone, ma con un po’ di collaborazione il risultato ottenuto è stato impressionante.
Nel pomeriggio mi è stato affidato un incarico importantissimo: andare a scegliere i colori per decorare il container di inua mama.
Magari una banalità per qualcuno, ma per me divertentissimo.
Siamo usciti con Simon, l’assistente sociale che collabora con la giacomogiacomo, e Massimo, e devo dire che è stato molto strano uscire da sola con loro due. Avevo il timore dello sguardo della gente, invece è stato un giro più che tranquillo. Arrivati in questo posto che sembra un outlet del Leroy Merlin, Simon ci ha spiegato che i colori li creavano loro e che lui preferiva questo metodo perché così potevi avere la tonalità precisa. Anche io adoro questo modo, funziona che da un colore base aggiungi i pigmenti per arrivare alla tonalità giusta, un po’ quello che studio io all’Università, frequentando il corso di Restauro. Sono rimasta affascinata da questa macchina che mescolava colori, come una bambina, e immagino che agli occhi di Massimo e Simon sia sembrata incantata.
Tornati al compound abbiamo trovato Maurizio, un padre combiniamo che vive la realtà di Nairobi da molto tempo. Lo troviamo immerso in un interessante colloquio con il gruppo, di cui mi è spiaciuto perdere la parte iniziale. Ritengo che ascoltare le sue parole sia importante, non solo per coloro che vivono per la prima volta quest’esperienza, ma anche per chi è già stato qui.
Per me Maurizio è un altro sole di Nairobi, un altro jua di questa giornata.
Day 7 – Irene