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Dopo l’estenuante giornata di ieri, più per il viaggio che per le attività, la sveglia è suonata alle 7:00. Con fatica e un leggero mal di schiena, dovuto probabilmente alla dimensione del letto (forse sono io quello fuori misura), mi sono alzato.

Oggi ci aspettavano le Olimpiadi della frutta, un “simil giochi senza frontiere” organizzato da noi per i ragazzi della baraccopoli di Kware e dintorni. La giornata ha preso subito la piega giusta grazie alla colazione: uova, ananas a chilometro zero coltivato dalle sisters nel compound, e banane. Niente di meglio per partire con la giusta carica per una giornata intensa.

Prima di iniziare, noi maschietti ci siamo concessi una bella sessione di stretching comune.

Tra organizzazioni, accoglienza dei bambini e Ban, l’attività è iniziata verso le 10:30. La mia giornata è trascorsa spronando i ragazzi del mio gioco a dare il massimo. Mi ha colpito particolarmente l’atteggiamento di molti di loro: spronavano a loro volta i compagni a fare del proprio meglio, e alcuni leader naturali si sono messi ad aiutare i ragazzi meno recettivi.

Tra tutte le differenze che possiamo avere con questo popolo così lontano da noi, mi ha fatto sorridere notare che i bambini sono uguali ovunque: energici, scalmanati, chiassosi, ma appena gli metti davanti una sfida divertente, dove possono mettersi alla prova, sono pronti a buttarsi a capofitto nella mischia. La vittoria della squadra delle Banane, che ha trionfato nell’edizione 2024 delle Olimpiadi della frutta, mi ha riportato indietro nel tempo, a quando ero bambino. La gioia di vincere mi è sembrata la stessa: pura, esplosiva e capace di farti dimenticare tutto quello che succede fuori dal campo da gioco.

Finite le attività, grazie alle mani sapienti di Paola e Giancarlo, con il prezioso aiuto di Bianca e Matteo, abbiamo preparato il pranzo per tutti. È stato un momento davvero piacevole. Ho notato la cura e il rispetto che persino i bambini dimostravano, prima di tutto per il cibo: non ho visto un chicco di riso lasciato nel piatto. Ma soprattutto, ho percepito il rispetto per il dono che stavamo facendo loro.

Federica stava imboccando una bambina che non riusciva ancora a mangiare da sola, e a un certo punto la sorella della piccola ha detto che non avrebbe mai smesso di mangiare, anche se era piena, perché era grata per ciò che Federica stava facendo per lei.

Mi ha colpito quando, servendo loro l’acqua, i bambini, anche goffamente, si sforzavano di restituirci i bicchieri più puliti di prima.

Dopo il pranzo, mi è toccato pulire una sufuria, il tradizionale pentolone usato per cucinare in Kenya. Un’impresa abbastanza ardua che non consiglio a nessuno!

Verso le 15:00-15:30 abbiamo salutato i bambini e li abbiamo rimandati alle loro famiglie.

Nel complesso è stata una giornata faticosa ma piena di bei sorrisi, sguardi profondi e tanta, tanta gioia. Porterò nel cuore la strafottenza iniziale di Alpha, forse dovuta alla diffidenza, che poi però mi ha chiesto di giocare e ballare insieme alla fine del pranzo. Ricorderò i passi di danza di Beatrice, che ha coinvolto tutta la squadra a ballare, e tutti gli sguardi di fiducia e gratitudine che ho ricevuto.

Ora lasciatemi andare a riposare: domani sarà un’altra giornata carica di emozioni, scoperte e riscoperte.

DAY- TWO – MATTEO T.

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