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Oggi è il quarto giorno qui al campo di Nairobi. Il servizio di oggi ci ha portati nella baraccopoli di Kware. In piccoli gruppi, abbiamo visitato diversi nuclei familiari, ciascuno alle prese con le proprie sfide quotidiane, ma con una forza d’animo e una dignità che hanno lasciato un segno profondo nei nostri cuori.

Siamo entrati in punta di piedi nelle loro abitazioni con un profondo rispetto per un mondo che fino ad allora ci era stato solo raccontato. Ogni casa, per quanto semplice e spesso precaria, raccontava una storia fatta di sacrifici, resilienza e, soprattutto, di speranza.

Le famiglie che abbiamo incontrato ci hanno mostrato cosa significa affrontare le difficoltà con il sorriso sulle labbra. Mentre parlavano delle loro vite, dei problemi legati alla mancanza di cibo, le malattie o della difficoltà di pagare l’affitto e di dare una vita dignitosa ai figli, ci accoglievano con un calore straordinario.

Ognuno di noi ha poi condiviso una piccola parte della propria vita, parlando con timore e paura di sembrare troppo fortunati ai loro occhi. Ma quella che era una barriera presente solamente nella nostra testa è crollata non appena ci hanno guardato felici e orgogliosi di ogni nostro piccolo successo.

Osservare un modo di vivere così diverso dal nostro è stato un momento di profonda riflessione. Abbiamo visto famiglie condividere quel poco che hanno con una generosità disarmante. Generosità pura, profonda e sincera pronta ad essere mostrata nonostante le evidenti difficoltà. Ci hanno dimostrato che la vera ricchezza risiede nei rapporti umani e nella capacità di trovare gioia anche nelle piccole cose.

Quello che ci ha colpito di più è stata la loro ospitalità: aprirci le porte delle loro case, accoglierci come amici e condividere con noi non solo il loro spazio, ma anche le loro storie e la loro anima. È stato un invito a guardarci dentro, a riflettere sul significato di accoglienza e sulla nostra capacità di aprirci agli altri.

L’esperienza nella baraccopoli di Kware non è stata solo un momento di servizio, ma un’occasione per imparare. Abbiamo visto come, anche nelle difficoltà più estreme, si possano trovare momenti di felicità e gratitudine. Le persone che abbiamo incontrato ci hanno insegnato che la forza non sta nell’assenza di problemi, ma nella capacità di affrontarli con dignità e speranza.

Torneremo da questa giornata con il cuore pieno e con la consapevolezza che abbiamo ricevuto molto più di quanto abbiamo dato. In ogni sorriso, in ogni parola, abbiamo trovato un pezzo della loro umanità che porteremo con noi per sempre.

Quindi il nostro augurio è che ogni persona possa essere quel Walter, padre di 5 bambini e senza lavoro, pronto a condividere il panettone che gli abbiamo regalato nonostante nessun cibo presente in casa da poter mangiare.

L’ultima riflessione che vorremmo riportare è una metafora di Ester, donna di 57 anni, madre di 12 figli. Per lei la felicità è come una canna da zucchero, per riuscire ad assaporarla non bisogna farsi scoraggiare da strati imponenti di paura, solitudine e buio, ma scavalcarli con fiducia e speranza poiché al loro interno risiedono dolcezza purezza e libertà.

DAY – FOUR – CAROLA, LUIGI, ROSA

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