Ultimo giorno del 2017. Questo 31 dicembre è una parentesi, accuratamente incisa e pianificata, che si apre quando il nostro school bus parte diretto verso Kariobangi. Frammenti del mio cuore erano rimasti lì, quasi in attesa, quasi a custodire ciò che non potevo fare a chilometri di distanza.
Chi quest’ anno si è unito a noi per la prima volta, doveva conoscere e vedere con i propri occhi i luoghi che in questo caotico ed eterogeneo quartiere periferico di Nairobi chiamiamo “casa”. La prima porta che si apre è quella dell’orfanotrofio delle suore di Madre Teresa, dove sono ospiti i nostri special children, le anziane signore e giovani ma coraggiose ragazze madri. Le infermiere e i bambini mi chiamano per nome, i loro occhi mi chiedono dove mi fossi cacciato in tutto questo tempo. Sono germogli cresciuti da semi che nel corso di questi due anni ho gettato, senza alcuna aspettativa, il nostro rapporto è puro. Sento i miei compagni camminarmi vicino, nel rispetto di quel magico silenzio e piangendo lacrime dal cuore per l’ingiustizia umana e divina che questo posto racconta. Non abbiamo molto tempo, siamo quindi subito in gruppo ed uniti in marcia verso la scuola di Saint Martin, con i piedi sulla terra arida e mille occhi addosso.
Amici e donatori, la scuola costruita con i vostri fondi è sottoposta a lavori in corso!!! Sarà riqualificata, verranno migliorati gli spazi (interni e circostanti) e rinforzata la struttura. Piccoli fiumi di bambini ci seguono, visitiamo la scuola, è pur sempre uno dei piu grandi traguardi della giacomogiacomo onlus. Delle mani mi coprono gli occhi, è Keylah la mia sorellina di Kariobangi che vuole sorprendermi, e ci riesce. Perchè in un anno è diventata una ragazza pronta ad attraversare la metamorfosi di donna. Ma ci aspettano per la messa, siamo ospiti, è domenica, di nuovo in marcia. Ci ritagliamo il nostro spazio nella chiesa di Kariobangi, siamo un timido banco di pesci bianchi in un mare kenyota. Ma ci mischiamo, veniamo inevitabilmente coinvolti e nel nostro sangue inizia a scorrere quel ritmo dei canti di preghiera, immensamente africano. Verso la fine, mi ritrovo con il microfono vicino alla bocca, sull’altare, a raccontare del nostro percorso a quel mare di persone che mi osservano e ascoltano. Sono tantissimi, ma ancora una volta il mio gruppo è in prima fila. Sono con me, e allora è il mio cuore a parlare. Le parole scorrono fluide e raggiungono ogni singolo essere umano. Parlo del tuko pamoja, il nostro nome, il nostro mantra, “noi siamo uniti”, “noi siamo insieme”. Perchè ci credo, ci crediamo. Dopo un breve giro nel compound dei Combonian Fathers, di nuovo sullo school bus. Peter, il driver, ha rotto il vetro posteriore con una retromarcia azzardata. In viaggio, entra ogni singolo odore e granello di polvere. Il vetro rotto fa da cornice e noi all’interno siamo il quadro. Condividiamo il pranzo su di un prato all’aria aperta nel centro di Nairobi. Questa parentesi quotidiana, si chiude con un momento di silenzio, preghiera ed empatia. Siamo tutti intorno alla tomba di Marion, sorella di Natalia e figlia di Eunice, una delle famiglie che seguiamo e supportiamo nello slum di Bangladesh. Marion era un piccolo angelo portato via troppo presto. Muore giovane chi è caro agli Dei, penso. Il viaggio che ci riporta al compund delle sisters è intriso di riflessioni della giornata e di gente che accorre per le strade, preparandosi per il nuovo anno. Sono sicuro che ognuno spera che sarà migliore di quello precedente, con il senno di poi e il beneficio del “ma”, seppur con la consapevolezza di scegliere e la voglia di combattere. Buon anno, vi voglio bene, Jambo.
#TukoPamoja
Caro Giammarco cara sorella Paola care sorelle tutte e fratelli e figlio Gabriele,
Scorro appena possibile i vostri post per cercare le mani, gli occhi, gli sguardi di tutte le anime che ho incrociato venendo con voi e le trovo nelle vostre parole. Grazie Questa sera passiamo il traguardo dell’anno ma ogni esperienza è un cambiamento e una ricchezza. Questa che state facendo a Nairobi è un’altra perla preziosa che potrete custodire. Sappiate di essere fortunati ! Vi voglio bene
Kware, bangladesh, kariobangi….chi ha attraversato quelle strade non dimentica. Non può. Non deve.
Un abbraccio forte a chi sta facendo il campo e a chi sta assaporando dunque la vita, con tutte le suoe incredibili sfumature.
Un abbraccio anche ai “vecchi”, da paola a Gabbo, da Diletta a Gianmarco….ubuntu!
Buon anno
Marcello
PS salutatemi i bimbi di bagladesh se potete…anche se a migliaia di km di distanza e in un ufficio a lavoro…il mio pensiero è sovente lì.