Il risveglio più difficile, forse perchè più rumoroso e “scontroso”, forse perchè anticipato di quindici fondamentali minuti, forse perchè la filosofia del buon risveglio (esiste?!) viene pesantemente infranta da una campanella, da una voce possente e da uno “sfondamento” di porte delle stanze…
Ma il sole sorge e i muzungu sono pronti per le missioni assegnate da Paola… c’è chi sale in macchina alla volta di Kariobangi e delle Sorelle della Carità di Madre Teresa, chi è pronto per mettere le mani nella terra per creare orti stile slum, chi invece è munito di zaino e di materiale per l’animazione della gioventù dello slum di Bangaradesh, chi provvisto di ogni attrezzo utile, è pronto a smantellare una vecchia baracca per far risorgere una più dignitosa 6×4 per sette o dieci persone e chi, infine, è pronto per condividere le esperienze di una vita, le paure e i timori di famiglie createsi tra gli stretti e maleodoranti vicoletti di una baraccopoli.
Anche se la stanchezza si fa sentire, l’accoglienza dei piccoli volti dello slum, schierati lungo la pericolosa strada principale, non può far altro che far dimenticare ogni rabbia provata al risveglio, ogni stanchezza accumulata e ogni spina nel fianco dei propri malanni… i sorrisi bianco splendenti sui piccoli visi neri, si schiudono uno dopo l’altro e le voci dei piccoli scandiscono uno ad uno i nomi dei fortunati volontari…
Le sorprese sono all’ordine del giorno e quello che all’apparenza sembra uno dei tanti uomini dello slum (alcolisti, drogati e assuefatti dalle disgrazie della vita) è invece un volenteroso lavoratore dotato di infradito da ginnastica, molto attivo nella riedificazione della sua umilissima casa. Stupisce il suo modo di non farsi servire, conforta la sua attiva collaborazione e il suo impegno nel realizzare le fondamenta (semplici ma faticosi buchi nella terra rossa) durante la “pausa pranzo” dei volontari. Lo stupore aumenta anche grazie all’invito del giovane David (3 figli e una moglie) che apre le porte di casa propria (un monolocale 4×4 con un letto matrimoniale e un semplice tappeto come giaciglio per i figli) ad alcuni volontari accompagnati da Padre Massimo che hanno l’onore e il piacere di essere ospiti a tutti gli effetti in una delle abitazioni ai margini dello slum. La semplicità e il cuore che David offre sono un toccasana in una giornata di lavoro, una vicinanza che si dimostra ancor di più dalla richiesta, poche ore dopo, di un’amicizia anche su un social network nonostante tutte le difficoltà di “connessione” di questo grande Paese.
E intanto nei vicoletti dello slum c’è chi gioca allegramente per conquistare semplici ma gustose caramelle (quanti bimbi italiani si accontenterebbero?), c’è chi scava per ricavare buona terra per realizzare tipici “orti nei sacchi” e chi dona un pezzetto di chapati agli “spellati”, “scottati” e affaticati muzungu. Tre le urla e la polvere alzata dai piedi nudi o da monociabatte, qualche screzio ha la meglio, e anche i piccoli affettuosi amici dello slum hanno delle cadute di stile nel rapportarsi gli uni agli altri, facendo volare qualche scappellotto ma sapendosi correggere dolcemente riappropriandosi della grande convivialità e della capacità di condividere soprattutto con i piccoli. Le baby mamme e i giovani dad riempiono di dolcezza il cuore, fratelli e sorelle di 8-10 anni che si prendono cura dei piccolissimi caricandoseli a spalla e riservando ogni attenzione possibile che possa lenire le conseguenze di incidentucci quotidiani; “È tuo fratello? È tua sorella?”, “No!” ma si abbassa a rialzare il piccolo o la piccola di turno, pulisce il viso sporco di terra e coccola finché l’ultima lacrimuccia si asciuga.
Momenti di tenerezza, momenti di piccole attenzioni che si fanno grandi e sono un libro aperto per gli adulti presenti che possono solo osservare e, a volte, vergognarsi per l’incapacità di imitare simili straordinari comportamenti che in verità dovrebbero essere più comunemente ordinari.
Intanto continuano gli incontri nelle capanne di fango, legno e lamiera, riutilizzata sia per copertura che per cucinare, continuano i sorrisi e le lacrime dei piccoli incidentati, continuano i racconti, le storie e la narrazione delle attese degli abitanti della baraccopoli… prosegue il ritmo di una vita apparentemente stanca e sfiduciata che continua ogni giorno con la viva speranza di un futuro migliore, grazie anche all’aiuto di questi muzungu che intonano allegri canti e rendono meno pesanti i fardelli di una giornata da slum.
Guido, Serena, Cristina e Marco
Un pensiero per Giacomo, mai dimenticato, che continua a vivere nel sorriso di quei bambini…un piccolo miracolo di Paola, la sua famiglia e tutti gli amici…bravi, vi invidio molto…grazie a voi sarà ogni giorno il 28 di dicembre…